Marco Melega si scaglia contro la sentenza di primo grado del Tribunale di Cremona

Marco Melega è un imprenditore noto dapprima per aver lanciato la moneta complementare in Italia, successivamente per il suo coinvolgimento in un affair di frodi on-line che ha avuto rilevanza nazionale a partire dal 2019.

Lo scorso 23 novembre, presso il Tribunale di Cremona, è stata pronunciata la Sentenza di Primo Grado che lo ha visto gravato di una condanna di oltre 10 anni per bancarotta, truffa ed autoriciclaggio come riportato dalle maggiori testate nazionali.

L’imprenditore, originario di Cremona ed attualmente residente sul Lago di Garda, ha pubblicato una replica sul proprio sito web, ove contesta l’esito di cui sopra e pertanto lascia presagire un probabile ricorso in appello.

La replica di Melega è tagliente ed evidenzia con sarcasmo lacune e contraddizioni che emergerebbero dalle stesse carte che ne hanno determinato la condanna in primo grado, senza celare polemiche su alcuni termini utilizzati dalla stampa.

In primis puntualizza il fatto di non essere mai stato “un faccendiere nullatenente sconosciuto al fisco” e pubblica le proprie dichiarazioni dei redditi depositate nel periodo immediatamente antecedente la vicenda mostrando un lordo annuo dichiarato di circa 750 mila euro, oltre a rimarcare come lo stesso imprenditore sia sempre stato proprietario diretto di beni di lusso, patrimoni e società di valore ingente.

Marco Melega prosegue evidenziando incompatibilità degli addebiti con la propria figura e punta il dito contro l’operato “dei signori dotati di distintivo della Guardia di Finanza” per l’assenza di perizie tecniche ed intercettazioni telefoniche.

L’imprenditore contesta sia il protagonismo dei PM che la sentenza, che gli appare emessa più “per logiche di budget” piuttosto che in virtù di dati oggettivi e dichiara che “ solo una persona poco sana di mente, metterebbe a repentaglio il proprio benessere, un ingente patrimonio personale alla luce del sole, la propria reputazione costruita in circa 30 anni di carriera imprenditoriale, la serenità della propria famiglia per improvvisarsi un povero delinquente alla soglia dei 50 anni con l’obiettivo di “raccattare” somme di cui poteva già disporre senza sforzo alcuno nell’ambito delle proprie attività ordinarie. 

Melega conclude la propria replica rinnovando il proprio rispetto per la Giustizia ed Istituzioni come la Guardia di Finanza sebbene lasciando aperti interrogativinei confronti di coloro che, grazie ad un distintivo, fondano indagini su presunzioni ed ipotesi tanto soggettive quanto superficiali per affogare le proprie ambizioni, frustrazioni e considerazioni nella soddisfazione di un potere attribuito: quello di avere la libertà di poter rovinare la vita a cittadini italiani “in vista” che hanno da sempre contribuito al proprio Paese

Un chiaro riferimento agli svariati episodi in cui Guardia di Finanza e Giustizia hanno commesso errori e per cui gli unici a pagare restano sempre e comunque i soggetti sotto indagine.