Control Toys – Soap Opera (Orangle/Universal)
Al di là della curiosità per addetti ai lavori (la partecipazione di Freddy Delirio dei Death SS, ovvero un’icona di cui si è detto tutto e il contrario di tutto, soprattutto in termini di fortuna, sfortuna, malefici etc) e della certa scelta bizzarra di averlo tra i suoi collaboratori, Control Toys è personaggio bizzarro di per sé. Si fa fare foto indossando pannoloni per bambini. Considerando che il personaggio in questione non è anziano e quindi si presume non soffra di incontinenza o flatulenza (a meno che magari non sia incappato in qualche centro vaxxinale con tanto di consenso disinformato politicamente corretto), in questa foto sembra sintetizzare lo stato dell’arte delle nuove generazioni. Io ero rimasto a generazione X di Douglas Coupland, in cui per lo meno ancora un barlume di autoironia c’era. Qui invece, dalla X in poi (siamo alla Z?) come ci racconta Control Toys attraverso le gesta di Tasha Tashì, siamo solo alla disperazione e autodistruzione più totale. OK, c’era già arrivato Sid Vicious a questo. Ma qui va a finire che invece di spararsi una bella pera in un hotel super cool di NYC come il Chelsea, la protagonista di questo concept viene uccisa dal padre, che così pone fine alle sue marachelle (droga, sesso a pagamento e altre amenità). Forse è proprio per questo che il disco è pieno di rabbia, dall’inizio alla fine. Rabbia che si traduce in speed metal, punk, doom. Control Toys, di cui non ci è dato sapere nome ed età, è però uno che a parte la rabbia che scorre nelle sue vene, ci sa fare a scrivere canzoni. Già, perché nel frastuono rabbioso, in questo puzzle furibondo ben architettato c’è sempre spazio per la magica formuletta verse chorus verse che tanto piaceva al nichilista numero uno del grunge; Kurt, magico Kurt. E’ nato un nuovo Cobain? Magari! Però Control Toys sa controllare bene il suo flusso anarchico musicale e ci piace un bel po’.
Angelo Tomasello