L’arte del ferro battuto: dai maestri ferrai agli artigiani contemporanei

La lavorazione del ferro battuto si rifà a una storia antica quanto la civiltà, ma è solo nel tredicesimo secolo che in Italia quest’abilità artigiana assume una valenza artistica. Infatti, nell’antichità la battitura del ferro era intesa “semplicemente” come pratica volta a ripulire le fusioni grezze dalle scorie residue. Un procedimento che prevedeva appunto la battitura dei semilavorati di acciaio dolce; poco o nulla a che vedere con le creazioni ispirate alla fantasia e all’abilità dei mastri ferrai. Per questi artigiani, diversamente, la battitura rappresenta il principale procedimento di modellazione del materiale per dare forma a manufatti artistici. Una tecnica rimasta sostanzialmente invariata nei secoli: il mastro ferraio forgia, su un letto di carboni accesi, una barra d’acciaio malleabile (a ridotto tenore di carbonio) facendo raggiungere al pezzo temperature comprese tra i 700° e i 900°. Quando si entra in tale range la barra incandescente assume un colore rosso-bianco, è a questo punto che il mastro ferraio la estrae per portarla sull’incudine e incominciare con la prime battiture a martello, che ne abbozzeranno le forme. Il procedimento si svolge a caldo e prevede quasi esclusivamente una continua alternanza di queste due fasi. I risultati, spesso caratterizzati per grande complessità e raffinatezza, sono merito esclusivo della manualità e dell’ingegno.

I fabbri e i mastri nel Medioevo

Sappiamo che già in epoca medievale era in essere una precisa distinzione tra coloro che realizzavano manufatti in ferro d’ogni tipo e di comune utilizzo, principalmente destinati al lavoro agricolo, e coloro che in maniera più circoscritta erano dediti a produzioni “di fino” come chiavi, serrature e complementi a scopo esclusivamente ornamentale. Gli uni erano detti faber ferrarius, i fabbri; gli altri erano detti magister clavarius, i mastri. Entrambe queste figure, però, appartenevano a quelle che venivano definite al tempo come Arti Minori, vere e proprie corporazioni professionali antesignane delle attuali associazioni di categoria. Tra gli esponenti di maggior rilievo di cui abbiamo notizia c’è sicuramente il fiorentino Niccolò Grosso, operante nella Firenze medicea del quattordicesimo secolo, del quale possiamo tutt’oggi ammirare e comprendere il talento guardando alle complesse lanterne di Palazzo Strozzi. Da Niccolò Grosso in poi, in Italia, quella del ferro battuto è una storia fatta di grandi nomi e ricchezza di stili.

Il ferro battuto ai giorni nostri

Una forte spinta all’arte del ferro battuto arrivò dalla Francia, con il movimento dell’Art Noveau che si diffuse facilmente in Europa tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, influenzando anche i campi dell’architettura e della produzione artigianale che vi è applicata. In nord Italia, l’Arte Nuova (o stile Liberty) si afferma fin da subito, in special modo nei centri urbani in orbita europea: Milano e Torino. Questi sono i “teatri di scena” dei maestri Mazzucotelli e Rizzardi: le loro opere sono facilmente rintracciabili anche oggi, passeggiando per le due città. È così che, arrivando al presente, l’arte del ferro battuto si è conservata e ha conservato il proprio fascino, rinnovandosi negli stili, inventando nuove forme, ma restando fedele a sé stessa nella sostanza e nella pratica. Un valore aggiunto che oggi come allora si rifà alle stesse abilità e, per questo, viene ricercato anche nel nuovo millennio.