DALLO SCHERMO AL CIRCO, DALLE LIRICHE DI BORGES ALLE CANZONI IN “GELSOMINA DREAMS”

Talvolta il pubblico manca della giusta percezione estetica, dello spessore artistico e della finalità che può avere uno spettacolo, sia pure nella sua estrema semplicità sobria, squisita eleganza e misurati effetti speciali, anche nella poetica e “soft” durata di 75 minuti. Intendiamo riferirci alla scarsa adesione, circa metà della platea era vuota, alla prima di “Gelsomina Dreams” spettacolo con cui la Compagnia bluCinque di Nizza ha inteso celebrare l’imperitura memoria di quel genio ironico e laborioso, preciso e magistrale sul set, che fu Federico Fellini di cui ci restano straordinarie pellicole cinematografiche e l’esemplare amore di coppia e di lavoro con Giulietta Masina. Proprio da lei , che fu la Musa di molti suoi film, la regista Caterina Mochi Sismondi è partita per realizzare un progetto interdisciplinare unendo immagini in bianco e nero dei suoi lungometraggi e le poesie del Maestro argentino Luis Borges, cui si sono sommati momenti di circo con giocolieri, saltatori ed acrobati carponi sul palcoscenico, attori che passavano dalla sala per salire sul palcoscenico senza la “quarta parete” ed un ovattato “cafè” o Cabaret parigino, come il “Lido” in cui seducenti cantanti s’esibivano con tocco vellutato ed ugola affascinante al suono di melodiche e sbrigliate musiche da ballo estrapolate dal “collage” di grandi compositori quali :Serge Gainsbourg, Casimir Oberfeid, Ivanovitch Gurdjieff ed Albert Willemetz, a parte il nostro Nino Rota sulle cui note eseguite alla tromba da Nicolò Bottasso, insieme a quelle elettroniche ed al violino, s’è chiusa la pièce con la visione di Gelsomina che, come una clown fuggita dal suo circo, cammina spensierata lungo la strada interpretata appunto dalla sua amata Giulietta, che ritroveremo poi in “Giulietta degli spiriti”. Altra musicista di talento era Beatrice Zanin al violino, il tutto in una libera trasposizione fiabesca e da sogno del mondo prodotto dall’impareggiabile Maestro del set. Proprio ad un’ambientazione da ripresa cinematografica e ad un tempo sospeso sembravano riportarci le sfolgoranti e dorate luci che rendevano incandescente per gli effetti speciali la scena, che poi si sono andate lentamente con malinconica nostalgia spegnendo, come se l’impegno realizzativo fosse terminato. Le liriche del Nobel per la Letteratura Borges hanno permesso di meditare sulle linee ispiratrici di fondo del sommo Federico: il doppio, la finzione e la trasposizione onirica, gli sgargianti abiti di scena nella ricerca di una sfarzosa estetica e la rifrazione degli specchi del fondale che trasformano l’Arte in razionale copia del soggetto inquadrato con il ritmo, la scansione degli avvenimenti e la simbologia letteraria della metafora. Gli elementi della Compagnia hanno dato dunque vita ad una libera elaborazione visiva e contemporanea dei sogni visionari di Gelsomina ,mossa dal fluire progressivo ed in costante mutazione delle sue pulsioni e sensazioni interiori, psicologiche, ma pure dalle suggestioni mentali sempre diverse. Lo spettacolo che s’avvale della “performance” creativa, secondo l’ispirazione di ciascuno, di E. Mutto, A. Duarte, F. Ceragioli, V. Jezic, M. Merlanti ed I. Ieri, oltre alla partecipazione di N. e P. Stratta, consentendoci una trasgressiva incursione nell’universo in celluloide del riminese Fellini, ove è stato restaurato il cinema che porta il suo nome e da cui sorse la sua specifica vocazione artistica, sarà replicato al teatro Parioli fino al 2 Aprile e dunque, come chiarito in sede d’attualizzazione critica del suo valore, ne vale la pena.

Giancarlo Lungarini