LA DIFFICOLTA’D’ALLESTIRE UN VARIETA’ CON POCHI SOLDI E TALENTO IN “ALCAZAR”

Il secondo conflitto mondiale fu caratterizzato come il primo dal cambio strategico dell’alleanza dell’Italia ne corso della guerra : nel primo dopo la vittoria sul Piave nel 1917 ed i mutamenti al vertice politico e militare con V. E. Orlando al posto di Salandra e Diaz in quello di comandante delle Forze Armate per Cadorna con il Patto di Londra firmato da Sonnino c’avviammo verso la vittoria del 4 novembre in Veneto, mentre dopo l’armistizio di Cassibile dell’8 settembre del’43 e lo sbarco degli Americani in Sicilia cominciò la trionfale risalita degli alleati dal Meridione con la “linea Gustav” a Montecassino e la ritirata dei Tedeschi, che poi avrebbero operato le crudeli rappresaglie sanguinose nell’abbandonare il nostro Paese con la “Linea Gotica” e l’indomita lotta reazionaria e liberatrice a tutto campo dei GAP. Partendo da cotali considerazioni, il brillante autore ed attento studioso della nostra Storia contemporanea e dei valori sociali, etici e civili, della comunità nazionale Gianni Clementi c’ ha regalato, con la sua scrupolosa e feconda indagine dei fatti accaduti con le loro implicazioni, la sua feconda penna e geniale mente rielaborativa, un’altra stupenda commedia, una nuova “chicca” che s’aggiunge al suo già vasto ed interessante repertorio. La nuova pièce s’intitola “Alcazar” e concepita in due atti di poco più di 90 minuti sta andando in scena al teatro “Sette “ di via Benevento vicino a Piazza Salerno con la regia misurata nei dettagli e psicologicamente rilevante le aspettative e le turbe interne dei personaggi nel contesto socio- economico che abbiamo descritto. Gli alimenti scarseggiavano e bisognava ricorrere alla “Borsa Nera”, ben illustrata dal sommo Edoardo De Filippo nel testo “Napoli Milionaria”, gli artisti ed i ballerini in particolare fuggivano all’estero per evitare le deportazioni, con l’unica voce libera che rimaneva “Radio Londra” con i propri messaggi in codice cifrato da decodificare , come per esempio ”La mucca sta sanguinando” che equivaleva a “Gli Alemanni stanno subendo gravi perdite ed abbandonando l’Italia”. In questo quadro generale e tragico contesto con il principio teorico del deduttivismo si scende al progetto artistico dell’impresario Costantino Diotallevi che, pur non avendo grandi risorse finanziarie e nemmeno attori e ballerini di valore innato, inclinazione per il palcoscenico e studi settoriali alle “spalle”, desiderava mettere in scena con la sua compagnia arrangiata e povera, senza arte né parte, uno spettacolo di varietà da portare in tournée in Abruzzo, ad iniziare dalla Marsica di Avezzano per approdare sull’Adriatico a Pescara, città d’origine non solo del decadentista G. D’Annunzio ma pure dell’umorista satirico Ennio Flaiano nel cui nome ogni anno in estate si tiene il relativo Premio per le discipline artistiche e letterarie. Dunque nell’inverno tra il 1943 ed il 1944, durante i bombardamenti aerei ed i rastrellamenti casa per casa dei sospettati e traditori infedeli della causa con il “voltafaccia” del nuovo Capo del Governo il generale Badoglio, si prosegue l’esistenza civile nella fame dovuta alla miseria e bisogna far fronte ad ogni evenienza con quel poco di denaro che si ha. Ciò induce il Commendatore ed assumere pel la sua fantasiosa impresa come damerino un manovale che fino a ieri aveva disposto i sassi per strada e come capocomico un certo Ernesto Toffoloni che si vanta di precedenti esperienze teatrali con successo, invece è alquanto sprovveduto e prova “Er fattaccio de vicolo del Moro” per inserirlo nel lavoro d’avanspettacolo della sua formazione attoriale, con lo sfiduciato Diotallevi che non sa più dove sbattere la testa per le spese che salgono e teme che il monologo di Toffoloni non riesca e gli possano tirare, nella maniera del Volturno e dell’Ambra Jovinelli a Roma, cartate di pomodori o lupini. Nel sottoscala, o cantina usata come rifugio antiaereo o sartoria per la riparazione di numerosi capi d’abbigliamento, specie femminili, intanto le operaie ed apprendiste ballerine Carmen, di cui è invaghito il medesimo Commendatore, nonché Ines sono agitate da pruriti amorosi e pulsioni sessuali incontenibili per cui corteggiano in modo spinto i loro compagni di lavoro, specialmente la sensuale Ines che provoca Toffoloni con un bacio galeotto e gli stimola un forte “petting” con la promessa d’un godurioso amplesso a casa in cambio d’una lauta cena. Icasticamente seducenti e vivamente allusive sono siffatte scene osservate con viva curiosità dall’esaurita platea, quasi per esorcizzare i crudeli avvenimenti di questi giorni, quali il drammatico naufragio di Cutro in Calabria con 72 vittime innocenti per ora, i femminicidi, gli incidenti stradali mortali e gli attentati terroristici di Amburgo e Tel Aviv. L’unica che si sottrae a codesto girotondo di balli ed approcci sessuali è la povera Mariuccia, figlia claudicante sulla gamba sinistra fin dalla nascita, figlia di Diotallevi che inaspettatamente rivela, come un fulmine a ciel sereno paragonabile con abile strategia compositiva al “Deus ex machina “ euripideo, di essere stata lei a far arrestare dai Tedeschi lo stesso Toffoloni dandogli da recapitare ad un partigiano un biglietto d’istruzioni operative. Lei infatti, nonostante la menomazione fisica, è diventata una “staffetta” per il trasporto furtivo e proibito di armi distruttive, quali dinamite, nitroglicerina ed una pistola automatica, volgarmente detta in dialetto romanesco “Cannellino”. Il padre giustamente, preoccupato per la sicurezza ed incolumità della figlia, la schiaffeggia e le rimprovera come cattolica il traffico letale degli ordigni pericolosi, ricevendo per orgogliosa e fiera risposta che tanto Don Attilio per la liberazione ed indipendenza della Patria le dà sempre l’assoluzione. In occasione della giornata della donna è stato bello ricordare quelle che rifulsero meritoriamente come tali elementi di collegamento tra i partigiani o come componenti dell’Assemblea Costituente ed alle 5 romane di quest’ultima è stata eretta una lapide all’Aventino alla presenza del sindaco Gualtieri e dell’ex deputate Rodano e Turco. Le prove vanno avanti e giunge il momento, tra un problema angustiante economico o tecnico, di decidere come recarsi in Abruzzo mancando di mezzi trasporto propri ed allora occorre, forse, ricorrere ad una parente commerciante di animali da pascolo, che può prestare un camion utile per trasportare agnelli e guadagnare il necessario per la sopravvivenza in tempi duri. Il ricorso al vernacolo quirite per esprimersi in maniera colorita dei protagonisti del lavoro nei dialoghi serrati e velenosi, spesso offensivi tra loro, è un’altra splendida trovata scritturale, che appassiona e diverte gli spettatori. Nei panni del Commendator Diotallevi giostra seraficamente da par suo con istrionica bravura recitativa Sergio Zecca, circondato da un numeroso stuolo di valenti ed interattivi comprimari quali :F. Baragli, A. Frittella, A. Chiodini, I. Nestovito ,M. T. Pascale e T. Rossi Vairo. Il riflessivo e sagace lavoro di valore sociale come sarcastica denuncia critica delle situazioni del tempo e del disagio in cui versava l’Arte sarà rappresentato al Sette fino al 2 Aprile.

Giancarlo Lungarini