Giuseppe Anguilla: il Covid non fermò gli Informatori

Covid e lavoro, storie aziendali. Quella di Giuseppe Anguilla, a capo della Jakin, è stata durante la pandemia una fase di riflessione ed esperienza di crescita.

Quando, nella prima fase di Coronavirus, l’Italia è andata in quarantena, per le aziende impegnate sul fronte della informazione scientifica del farmaco si è posto il problema se continuare a operare o fermarsi e ricorrere agli strumenti di ammortizzazione sociale offerti dal governo.

L’azienda ticinese Jakin Sa, fondate e guidata, 10 anni or sono, dall’italiano Giuseppe Anguilla, e attiva nel nostro Paese con oltre 300 ISF al servizio di primarie case farmaceutiche, ha avviato, proprio nei giorni della prima pandemia, un’esperienza di comunicazione coi medici di medicina generale, con un sistema di colloqui programmati attraverso una piattaforma digitale.

Un’esperienza che, lo stesso Giuseppe Anguilla, ha raccontato al portale specializzato AboutPharma.com.

“Potevamo avvisare i nostri partner, le aziende produttrici, e comunicare la necessità di fermarci”, ha spiegato il presidente e ceo, “potevamo chiamare i capi area, scrivere al personale, allargare le braccia e dire: ‘Cari collaboratori, c’è una pandemia in corso, c’è un’emergenza, c’è il Fondo di integrazione salariale. Ne parliamo quando tutto sarà terminato’”. L’alternativa cioè era abbastanza drammatica “risolvere i contratti per forza maggiore. E una pandemia certo lo era.

Invece, come ha raccontato Giuseppe Anguilla al giornalista, nella sede di Bioggio (Lugano) ci sono state “alcune giornate di osservazione, con i vertici del gruppo, con i nostri partner, perché sentivamo che si poteva, anzi si doveva tentare di fare un passo, tutti insieme. Che fare impresa significa innanzitutto capire il mercato e adattarsi alle sue mutate condizioni. O almeno provarci”.

Una riflessione che ha condotto all’idea che fosse “ragionevole tentare una nuova modalità, da remoto, che proponesse ai nostri interlocutori una modalità informativa che desse contenuto, possibilmente più contenuto, perché la novità doveva giustificarsi, doveva far trasparire valore per chi, insieme a noi, voleva farne esperienza. C’era cioè da convincere anche le aziende vostre clienti… Naturalmente, una scelta che giocoforza doveva essere condivisa con questi nostri partner. Fornire loro una proposta operativa credibile, una modalità alternativa sostenibile per continuare l’attività”.

Nell’intervista ad AboutPharma.com, Giuseppe Anguilla spiega come l’azienda elvetica ha operato: “Ci siamo mossi partendo dalla necessaria formazione, passaggio tutt’altro che banale”, ha ricordato. C’era infatti da proporre un forte cambiamento a oltre 300 professionisti abituati a una metodologia classica di approccio e quindi al contatto diretto, con un’esperienza che li portava a veicolare gli aggiornamenti, i plus, le novità del farmaco nel breve, utilizzando la comunicazione verbale, facendo leva sull’empatia, sulla psicologia sperimentata in tanti anni di lavoro. “A questi professionisti”, ha sottolineato l’imprenditore, “bisognava proporre una metodologia nuova: l’attività da remoto per telefono e l’interazione con i medici attraverso piattaforme di e-detailing, l’analisi e la proposta di contenuti nuovi sulla base dei quali costruire una relazione nuova. O meglio, rifondare la relazione esistente.

Una formazione che ha richiesto il contributo soprattutto dell’Area della Risorse umane di Jakin, e quindi, in seguito, la proposta ai medici di medicina generale: “Prima, ovviamente, abbiamo affrontato la validazione regolatoria del processo”, ha chiarito Giuseppe Anguilla. Quindi “è stata necessaria una profilazione dei medici al primo approccio per capire quali momenti della loro giornata sarebbero stati ideali per il nuovo tipo di colloquio, in modo da non entrare in conflitto con il loro lavoro, ma anche per inquadrare l’obiettivo dell’interazione e condividerne l’utilità”.

Ai cosiddetti “medici di famiglia”, Giuseppe Anguilla e la Jakin hanno proposto “diversi contenuti: alcuni più specificatamente clinico-scientifici in relazione all’attualità Covid, elaborati dai direttori medici, spesso un vero e proprio scouting tra articoli internazionali, in relazione alle patologie più comunemente trattate e al supporto al medico stesso nella presa in carico del paziente complesso nel contesto della pandemia. Ovviamente abbiamo proposto anche l’aggiornamento sui farmaci che trattiamo ordinariamente”.

Un esperimento che ha fatto registrare una risposta “superiore a ogni aspettativa”. Secondo i dati di riscontro “la fase di primo contatto ha avuto una percentuale di risposta del 60%, che è altissima, e ha condotto a circa un 50% di colloqui da remoto”.

Gli ISF hanno riferito “una soddisfazione diffusa dei loro interlocutori medici, per molti dei quali la possibilità di un colloquio approfondito, in un momento dedicato, libero dall’urgenza ambulatoriale, è stata colta davvero positivamente, evidenziando il piacere di una relazione competente che ha saputo tenere anche in un momento in cui tutto sembrava un po’ decadere, rarefarsi”, ha raccontato ad AboutPharma, Giuseppe Anguilla.

Alla Jakin questa esperienza ha consentito di realizzare “che ci sono aspetti e tipologie di informazione che potrebbero non rendere necessaria la visita fisica ma essere valorizzati con altri supporti. Una strategia che però deve imperniarsi sul lavoro locale del professionista-informatore, la cui conoscenza del territorio e dei medici resta essenziale. D’altra parte, anche negli interlocutori medici c’è stata la realizzazione che il supporto di nuove tecnologie possa aumentare il tasso di professionalità della relazione, ottimizzandone i tempi”.

Una esperienza che, racconta Giuseppe Anguilla, lo ha spinto a una serie di riflessioni.

“Il cambiamento”, ha detto ad AboutPharma.com, “richiede un’attitudine mentale, propria dell’impresa. Il cambiamento è un esercizio comune, collettivo, non un discorso. Siamo stati pronti a cambiare, noi che guidavamo l’azienda ma anche i molti, nella rete, che hanno saputo avere l’apertura mentale di mettersi in gioco. E così le aziende nostre partner, come ho detto prima. E a cambiare, a dimostrare di voler cambiare, sono stati i medici i quali avrebbero avuto, a loro volta, mille buone ragioni per dire: ‘Ne riparleremo quando sarà possibile’. Ma le ragioni del cambiamento sono state più forti. Onore a loro. E a tutti noi”.

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