Gestire il proprio patrimonio non è un’attività semplice, soprattutto per chi, dopo una vita intera di lavoro, ha avuto l’abilità di risparmiare cifre importanti. Quando si dispone di un patrimonio cospicuo sorgono due essenziali esigenze: proteggerlo ed allocarlo.
Proteggere il patrimonio equivale a metterlo al riparo dall’inflazione che, anno dopo anno, riduce il potere di acquisto del denaro che abbiamo risparmiato con tanta fatica. Per chi non lo sapesse, mantenere grosse quantità di danaro sul proprio conto corrente, senza impiegarlo in qualche modo, non è certo un buon investimento: si possono attendere solo rendimenti scarsi o addirittura pari a zero.
Allocare il patrimonio significa fare precise scelte di investimento. Significa definire degli obiettivi per il futuro (una rendita per la pensione, una nuova casa, una nuova macchina, ecc) e mettere in atto dei comportamenti (di spesa o di investimento) coerenti con tali obiettivi. Per incrementare il proprio patrimonio è necessario valutare diversi tipi di investimento. Ad esempio acquistando azioni, obbligazioni, immobili, o opere d’arte. Per ciascuna di queste operazioni finanziarie è previsto sia un rischio che un rendimento.
Quale scelta è la migliore? Non c’è una risposta univoca, perché ogni persona ha abitudini di spesa diverse e differenti obiettivi. E qui entra in gioco la consulenza finanziaria, che può essere una risorsa utile per trovare supporto.
Chi ha soldi da investire spesso si rivolge all’istituito bancario di cui si serve abitualmente. Questa scelta appare logica, se non altro per una questione di comodità. In realtà si rivela tutt’altro che conveniente. Gli impiegati bancari non avranno difficoltà a consigliare i clienti, indicheranno facilmente un portafoglio d’investimento, ma siamo certi che i titoli azionari consigliati saranno buoni? Probabilmente no, e ora scopriamo perché.
Gli impiegati consigliano esclusivamente prodotti finanziari su indicazione della banca stessa e a ciascun prodotto corrisponde una provvigione per la relativa vendita. Ciò significa che l’impiegato tenderà a consigliare il prodotto che permetterà (a lui) il maggior guadagno. È evidente che ci sia un conflitto d’interessi tra cliente e banca.
Allora, in alternativa, ci si potrebbe rivolgere ad un promotore finanziario, che magari opera per conto di una grossa compagnia assicurazioni. Anche in questo caso la scelta sembra affidabile, ma allo stesso modo i consigli di investimento sono legati alle provvigioni di vendita. Vi verrà sempre proposto il prodotto finanziario meno efficiente per il cliente e più remunerativo per il promotore. Certamente non si tratta della soluzione ottimale.
La presenza di questi conflitti d’interesse spinge molti risparmiatori a non investire, piuttosto che ad affidare i loro soldi a strumenti costosi e per nulla efficienti. Questa situazione ha aperto la strada alla creazione di una nuova figura professionale, il consulente finanziario indipendente. La consulenza finanziaria indipendente richiede, per legge, che il consulente non percepisca alcuna provvigione dagli strumenti finanziati consigliati, e che agisca in modo indipendente, nel pieno interesse del cliente. La figura professionale viene retribuita esclusivamente dal cliente, attraverso una parcella, definita sulla base dei servizi richiesti.
La consulenza può essere molto ampia e diversificata. Può interessare la gestione del patrimonio del cliente, la creazione di un portafoglio in investimento, il supporto per la pianificazione finanziaria e la definizione di una vera e propria strategia di investimento.
Per offrire servizi come consulente finanziario indipendente è necessario rispettare una serie di requisiti ben definiti, superare un esame ed essere iscritti ad un albo professionale. È plausibile ipotizzare, viste le premesse, che questa professione, anche in Italia, trovi in futuro un’ampia diffusione, come già accade nel mondo anglosassone.