Comincia in tono blando la settimana dello yuan cinese, dopo le moderate perdite della settimana scorsa rispetto al dollaro americano sui mercati valutari.
Cosa succede allo Yuan cinese
La valuta di Pechino si era indebolita sui minimi di una settimana contro il dollaro, sulla scia di aspettative di una forte ripresa economica negli Stati Uniti (e del nuovo aumento di contagi da coronavirus in Cina). Questo aveva consentito al biglietto verde di centrare la miglior settimana degli ultimi tre mesi, come sa chi fa operazioni sui Cfd (qui viene spiegato CFD come funzionano i contratti per differenza).
Tuttavia, la vendita di dollari da parte delle società – prima delle festività del capodanno lunare in programma venerdì – ha tuttavia limitato il ribasso per lo yuan cinese. Il rapporto di cambio tra valuta di Pechino e americana, resta comunque sui massimi di 34 mesi, grazie soprattutto alla corsa vissuta dalla moneta cinese nei mesi scorsi.
La PBoC si muove
Nel frattempo la Banca popolare cinese (PBoC) ha immesso 50 miliardi di yuan nel mercato, tramite pronti contro termine attivi a 14 giorni (tasso di interesse del 2,35% il 7 febbraio 2021). Non essendoci pronti contro termine in scadenza lo stesso giorno, la mossa ha portato a una iniezione netta di liquidità per 50 miliardi di CNY.
La banca centrale ha affermato che la mossa intende mantenere una liquidità ragionevole e sufficiente del sistema bancario, prima della festa del Festival di Primavera.
Nota: lo yuan cinese è strettamente correlato ad altre valute, ma pure a molte commodities. Qui si parla della correlazioni forex, tabella e valute correlate.
Il dollaro
Complessivamente, sul mercato il sentiment di rischio rimane elevato, anche perché il presidente Joe Biden e i democratici al Congresso stanno portando avanti il progetto del piano di stimoli. L’auspicio è che si possa approvare questo maxi piano nelle prossime settimane. La portavoce Nancy Pelosi ha ipotizzato che la legge potrebbe essere approvata dal Congresso prima del 15 marzo.
Una spinta è giunta anche dai recenti dati macro USA, come il continuo calo delle prime richieste di sussidi di disoccupazione. Tutto questo ha anche alimentato la prospettiva che possano generarsi pressioni inflazionistiche, che a loro volta potrebbero spingere la Federal Reserve a inasprire le leve di politica monetaria prima del previsto.